E’ da domenica che ho queste parole che mi girano nella mente, le scrivo solo ora perchè in realtà non volevo farlo, non volevo passare per la solita persona che “divinizza” una persona quando muore. Ma mi sento di farlo, e adesso voglio farlo.
Domenica mattina, quando mi sono alzata, facevo colazione sul divano, e per caso sono capitata su Italia1. Non sono una particolare tifosa del MotoGP, non lo sono di nessuno sport in realtà, ma a volte è successo che per far compagnia all’appassionato di turno condividessi gli attimi delle corse. Mi immedesimavo nei piloti, cercavo di sentire l’adrenalina che traspariva dai loro occhi tra la fessura del casco. Era bello vedere come si sfidassero per raggiungere prima del compagno un obiettivo condiviso e sognato. Allo stesso tempo però, mi chiedevo come facessero ad essere così coraggiosi, a correre così velocemente, rischiare, e tanto, ogni volta che la gara iniziava, come facessero a cadere, farsi male, rialzarsi e ripartire sulla loro moto. Poi l’ho capito: sono guidati dalla passione, quella passione potente e a volte pericolosa che esce fuori dalle persone più temerarie, quelle che credono fermamente nei loro sogni e sono disposti a tutto per realizzarli, per vivere anche solo un minuto al massimo.
Domenica mattina, su quel divano, era appena successa la tragedia che mi ha lasciata impietrita per tutto il giorno. E non solo. Sono arrivata un secondo dopo l’incidente, Marco non era più sulla pista, ma mi è bastato vedere il viso di Valentino per capire tutto. I minuti scorrevano veloci, in un istante la bacheca di Facebook si è riempita di “Sic non mollare”, “Marco tieni duro”. Gli occhi dei piloti sullo schermo si riempivano di lacrime, papà Paolo camminava su e giù consapevole di cosa lo aspettava, Kate appoggiata a un muro non voleva crederci. Gli occhi e la voce tremante di Guido Meda e Paolo Beltramo che, disperati, cercavano di capire esattamente cosa succedeva. Poi l’annuncio, quello ufficiale, in inglese. E i miei che mi guardano e io che senza staccare gli occhi dallo schermo dico solo “E’ morto”. Neanche Paolo lo ripete, ma i suoi occhi parlano da soli.
In questi giorni di servizi e parole ripetute all’infinito, mi ha stupito più di tutto la forza di mamma Rossella e di papà Paolo. Una forza immensa, una forza che appartiene a poche persone, e sicuramente non a me.
E oggi, i brividi, la commozione. Quei palloncini lasciati liberi di volare nel cielo all’arrivo di Marco, quella folla, quegli applausi. Poi arriva lui, in una bara grigia, accompagnato per l’ultima volta dagli amici e dalle loro lacrime, dal loro dolore. La funzione, il Sic circondato dalle moto più importanti, gli occhi dei compagni di avventure, gli occhi persi di Martina e di Kate.
E poi il momento più toccante, sul sagrato della Chiesa. Vasco come colonna sonora, l’ultima colonna sonora di Marco. E ancora lacrime, parole di compagni di vita. Abbracci, sorrisi. Mamma Rossella abbracciata a Valentino, amico e mito di Sic, che per un destino beffardo ha segnato anche la fine di Marco. E papà Paolo, che parte da solo, come guidato da qualcuno e si siede lì, per terra, vicino a suo figlio e in mezzo ai suoi amici. Gli occhi velati dal dolore, dalle lacrime, dalla voglia di poter abbracciare ancora una volta quel figlio tanto supportato e amato, seguito fino alla fine in capo il mondo, quel figlio che invece è li dentro, bello quanto vuoi, ma lì dentro.
Che Forza. Una Famiglia Immensa, che ha tutta la mia ammirazione, alla quale mando un abbraccio virtuale, uno dei tanti.
E a te Sic, che non eri mica stanco, e tanto meno pronto per andare via, qua c’è tutto a dire che ci sei.
Fai buon viaggio e poi, poi riposa se puoi.
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